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Assenza ingiustificata: quando il "silenzio" del dipendente vale come dimissioni (e non serve aspettare 15 gio

2025-11-25 17:42

Avv. Massimiliano Conti

Assenza ingiustificata: quando il "silenzio" del dipendente vale come dimissioni (e non serve aspettare 15 giorni)

Spesso, nel mio lavoro, mi trovo a dover gestire situazioni in cui un dipendente smette improvvisamente di presentarsi al lavoro. Fino a poco tempo fa

Spesso, nel mio lavoro, mi trovo a dover gestire situazioni in cui un dipendente smette improvvisamente di presentarsi al lavoro. Fino a poco tempo fa, la prassi era complessa: l'azienda era costretta a procedere con un licenziamento disciplinare per assenza ingiustificata, pagando il relativo "ticket" e permettendo al lavoratore di accedere alla NASpI. Una recente sentenza del Tribunale di Milano, datata 29 ottobre 2025, ha fatto chiarezza sull'applicazione delle nuove normative riguardanti le "dimissioni per fatti concludenti", offrendo un'interpretazione fondamentale per datori di lavoro e dipendenti.

 

Il caso riguarda una lavoratrice che, dopo un periodo di malattia, non è rientrata in servizio per oltre tre giorni senza fornire giustificazione medica, sostenendo di non aver trovato il proprio specialista. L'azienda ha considerato il rapporto risolto per "dimissioni volontarie di fatto", applicando la nuova normativa (art. 26, comma 7-bis, D.Lgs. 151/2015).

 

La lavoratrice ha fatto ricorso sostenendo due tesi:

1. Che per far scattare le dimissioni tacite servisse un'assenza superiore a 15 giorni (termine di legge).

2. Che l'assenza del proprio medico di fiducia fosse una causa di forza maggiore.

 

Il Giudice ha respinto il ricorso e dato ragione all'azienda su tutta la linea. Il principio stabilito è chiarissimo: il termine di legge di 15 giorni si applica solo se il Contratto Collettivo (CCNL) non prevede nulla. Nel caso specifico, il CCNL Cooperative Sociali prevedeva il licenziamento dopo 3 giorni di assenza. Pertanto, superati i 3 giorni previsti dal contratto, scatta la presunzione di dimissioni, non servono due settimane. Inoltre, non trovare il proprio medico privato non è "forza maggiore": ci si può rivolgere al medico di base o alla guardia medica.

 

Questa decisione ha un impatto enorme sulla gestione del rapporto di lavoro:

Per il lavoratore: "Sparire" (il cosiddetto ghosting) non porta più al licenziamento e alla disoccupazione. Viene considerato come se ci si fosse dimessi volontariamente.

Per l'azienda: Non è più necessario attendere 15 giorni di assenza se il CCNL prevede un termine più breve (come i classici 3 o 4 giorni) per considerare risolto il rapporto. Basta comunicarlo all'Ispettorato del Lavoro.

 

Se l'azienda, per prudenza, avvia comunque un procedimento disciplinare dopo aver registrato le dimissioni tacite, questo atto è nullo o irrilevante, perché il rapporto è già finito.

 

Analizzando questa sentenza, ritengo che il Tribunale di Milano abbia correttamente interpretato la ratio della norma: contrastare l'abuso di chi cerca il licenziamento solo per ottenere l'ammortizzatore sociale. Tuttavia, la procedura deve essere impeccabile. L'azienda deve verificare attentamente il termine previsto dal proprio CCNL e inviare tempestivamente la comunicazione all'Ispettorato. Un errore procedurale potrebbe ribaltare l'esito. Se ti trovi a dover gestire un'assenza prolungata o vuoi capire come adeguare le tue procedure interne a questa sentenza, è fondamentale analizzare il caso specifico con un professionista.

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